La capacità di intendere e volere
«Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. È imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere»
In diritto, la definizione di capacità di intendere e di volere è regolamentata dall’ Articolo 85 del Codice Penale e comprende due elementi:
- la capacità di intendere cioè la capacità dell’individuo a comprendere il significato delle proprie azioni nel contesto in cui agisce, quindi rendersi conto del valore sociale dell’atto che si compie.
- la capacità di volere si intende come potere di controllo dei propri stimoli e impulsi ad agire.
Va precisato che il concetto di capacità di intendere e di volere va inteso come necessariamente comprensivo di entrambe le capacità. Il soggetto incapace di intendere e di volere non è imputabile, ossia non risponde delle conseguenze dei reati da lui commessi.
Per legge la persona fino ai 14 anni è considerata incapace di intendere e volere, dai 14 ai 18 anni parzialmente capace di intendere e volere (salvo diverse disposizioni) e dai 18 in poi capace di intendere e volere e quindi in caso va valutata la sua incapacità.
Chi e come valuta la capacità di intendere e volere?
Per valutare la capacità di intendere e volere il giudice nomina un perito che la valuterà attraverso:
1. Anamnesi: importantissima fonte di informazioni è la storia di vita personale, familiare, medica, clinica e patologica.
2. Esame obiettivo generale, neurologico e psichico: si raccolgono informazioni sul periziando non solo attraverso l’esame medico diretto, ma anche tramite l’osservazione del suo comportamento non verbale (mimica, gestualità, collaborazione, passività, postura, aspetto, cura e igiene, reazioni alle tematiche trattate, orientamento spazio-temporale). Inoltre si raccolgono informazioni circa il suo esame di realtà, il grado di consapevolezza, il profilo linguistico, patrimonio culturale, flusso ideatorio del pensiero, capacità di critica, presenza di stati ansiosi o depressivi, capacità di autocontrollo, valutazione dell’affettività e delle relazioni con gli altri. In questa fase il CTU si avvale dell’uso di test psicodiagnostici
3. Se necessario, il perito può decidere di dover disporre di esami di tipo strumentale (EEG, TAC, RM)
4. Analisi dei risultati ottenuti e stesura della relazione finale.
Il giudice raccoglie le relazioni del suo perito e dei periti di parte e matura, in base alla lettura ed al confronto delle stesse, la propria decisione rispetto al grado di imputabilità del soggetto.