Meglio pensionati o lavoratori anziani?

Meglio pensionati o lavoratori anziani?

Il pensionamento

Il pensionamento si configura come l’uscita da uno stato di attività e produttività lavorativa.

Da un punto di vista psicologico, il pensionamento costituisce una transizione psicosociale che influisce sul concetto di sé e, quindi, sulla percezione della propria identità personale, sociale, economica e familiare. Implica abbandonare uno status quo e ridefinirsi in termini di ruolo e status sociale, di attività quotidiane e di capacità finanziarie.

Un avvocato che entra nel pensionamento smette di svolgere tutte le attività che lo qualificavano come lavoratore, abbandona la sua idea di essere, nel qui ed ora, l’esercitante di una professione, vede decadere le aspettative che la società ha in relazione al suo lavoro ed alla posizione sociale precedentemente rivestita.

Sebbene possa sembrare un processo semplice, in realtà, il pensionamento costituisce un vero e proprio cambiamento. La trasformazione a cui si va in contro potrebbe portare alla luce una definizione di sé e di ciò che non si è più, ma al contempo potrebbe stimolare nuove aree in cui finalmente si può investire. Anche a seconda di come viene percepito, elaborato ed affrontato il pensionamento, quest’ultimo potrebbe costituire un fattore protettivo oppure, nel caso opposto, un fattore di rischio per lo sviluppo di psicopatologie. 

I pensionati italiani

Il pensionamento risente inevitabilmente dell’influenza di fattori demografici e sociologici. In particolare, l’old age dependency ratio, ovvero il rapporto esistente tra popolazione lavorativamente attiva (15-64 anni) e pensionata (dai 65 anni in su) dell’Italia mostra un primato a dir poco sfavorevole rispetto al resto d’Europa. Questo di traduce in un numero superiore di pensionati rispetto al numero dei lavoratori attivi in Italia rispetto al resto d’Europa, implicando un peso ingente sul welfare sociale e sui sistemi pensionistici. 

L’immagine sociale del lavoratore anziano

Non è esente da stereotipi e pregiudizi neppure l’anziano che voglia continuare la sua attività lavorativa al di là del pensionamento. Lo stereotipo costituisce l’attivazione di uno schema cognitivo e di credenze circa un gruppo di persone che potrebbero condividere delle caratteristiche (per esempio l’età avanzata), che genera delle aspettative circa come ciascuna persona dovrebbe comportarsi in linea con il proprio gruppo di appartenenza. Tali credenze non sono basate su evidenze empiriche o su dati osservati direttamente, bensì, si tramandando di persona a persona e sfuggono alla verifica diretta e scientifica e, per tale motivo, sono false. Alcuni stereotipi negativi del lavoratore anziano:

  • Gli anziani sono meno motivati, meno produttivi e più stanchi;
  • Gli anziani sono meno aperti ai cambiamenti ed all’adattamento;
  • Gli anziani sono più rigidi ed ostinati;
  • Gli anziani sono più sensibili allo sviluppo di patologie.

Alcuni stereotipi più propositivi sul lavoratore anziano:

  • Gli anziani sono più esperti, quindi più bravi;
  • Gli anziani mettono in atto condotte mature e coscienziose a lavoro;
  • Gli anziani sposano maggiormente la vision dell’organizzazione per cui prestano servizio e sono più fedeli alla stessa;
  • Gli anziani sono più seri e stabili emotivamente.

Oltre gli stereotipi: i dati empirici

Il modello teorico della Socioemotional Selectivity Theory (Carnstensen, 1992) indica che in età avanzata vi è un miglioramento degli stati emotivi e degli atteggiamenti verso il proprio ruolo lavorativo. Tra i lavoratori più maturi, infatti, si riscontra una minore frequenza di stati emotivi negativi quali l’irritabilità e la rabbia. Questo è spiegabile in base ad un fattore: la percezione della limitatezza del tempo futuro.

Nello specifico, i giovani lavoratori, avendo davanti a sé una prospettiva temporale più ampia, prediligono il raggiungimento degli scopi volti all’acquisizione di competenza e conoscenza in ambito lavorativo, anche in vista della stabilizzazione lavorativa e dell’avanzamento di carriera.

In età avanzata, la prospettiva temporale futura è abbastanza ridotta. Questa percezione porta il lavoratore maturo a privilegiare il qui ed ora, investendo meno in obiettivi futuri e beneficiando degli aspetti positivi del momento presente.

Per tale motivo, il lavoratore anziano darà maggiore priorità alla ricerca del proprio benessere lavorativo, sarà più incentrato sullo sviluppo di relazioni lavorative positive, valorizzerà le motivazioni intrinseche al lavoro ed alla piacevolezza in sé dello stesso e manifesterà una maggiore stabilità emotiva. 

Possiamo concludere che, benché lo stato di pensionamento sia fortemente agognato ed atteso, essere un lavoratore anziano garantisce un particolare livello di efficenza ed autoefficacia, nonché di benessere personale e relazionale spesso non ugualmente riscontrabili nella maggior parte dei pensionati.

Dott.ssa Jessica Pisani

Bibliografia e sitografia: 

  • Carstensen, L. L. (1992). Social and emotional patterns in adulthood: Support for socioemotional selectivity theory. Psychology and Aging, 7(3), 331–338.

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