Accettare la disabilità di un figlio

Accettare la disabilità di un figlio

L’arrivo di un figlio con disabilità o la diagnosi di una disabilità fisica o mentale sconvolge inevitabilmente i genitori, un fulmine a ciel sereno. Questo evento viene spesso vissuto con sentimenti di colpa, fallimento ed inadeguatezza.

Durante la gravidanza, i genitori sperano sempre che il loro bambino sia sano, bello, forte e pieno di vita, immaginando un futuro sereno per lui. Tuttavia, quando ricevono una diagnosi di disabilità del proprio figlio, le precedenti speranze e sogni si infrangono, e insieme ai sentimenti di colpa e inadeguatezza subentra quello di impotenza.

La diagnosi di disabilità ha un impatto significativo sull’identità del genitore e il processo che conduce all’accettazione della disabilità del figlio è complesso, faticoso ma non impossibile. Tale processo varia a seconda del tipo di disabilità diagnosticata, del suo grado di gravità e delle previsioni di sviluppo o recupero. Impatto significativo hanno le modalità di reazione dei genitori, sia a livello individuale che di coppia, nonché il ruolo svolto dalle persone che circondano la famiglia (amici e parenti), che possono costituire un fattore di rischio o una risorsa importante.

Un ruolo fondamentale è svolto dalla possibilità che la famiglia ha di accedere a servizi di supporto, sia per se stessa che per il figlio. I genitori, soprattutto nelle fasi iniziali della diagnosi, hanno bisogno di essere aiutati nel lungo e doloroso processo di accettazione della disabilità del proprio figlio.

Tendenzialmente il processo di accettazione attraversa tre fasi: (Gargiulo, 1987):

  1. fase dello “shock” : sentimenti di incredulità, smarrimento, dolore, intontimento, impotenza, negazione.

   2. fase dell’ ambivalenza: senso di colpa, rabbia, vergogna, rabbia, imbarazzo.

   3. fase dell’ accettazione: accettazione della realtà, adattamento e riorganizzazione.

Quali interventi mettere in atto?

Molto spesso le fasi su citate non riescono ad essere elaborate in modo adattivo e possono essere costellate da difficoltà. Diverse tipologie di percorsi psicologici mirati possono essere attuati in questa non infrequente eventualità:

  1. Psicoeducazione: inerente le modalità di accudimento del proprio bambino, soprattutto quando le azioni necessarie sono complesse e possono generare ansia.

    2. Sostegno psicologico alla genitorialità o psicoterapia: necessari per aiutare i genitori nel processo di accettazione e per far si che si possano attivare le risorse interne al sistema famiglia.

3. Parent training: tecnica di intervento che ha lo scopo di insegnare ai genitori quelle abilità necessarie per contrastare determinate situazioni.

Il processo di accettazione di un bambino molto diverso da quello immaginato comporta un massiccio reinvestimento emotivo. Al di là di tutto quanto esplicitato nel presente articolo, tale reinvestimento è possibile, prima di ogni altra cosa, se i genitori riescono a percepire il bambino/ragazzo in quanto “persona”, al di là della diagnosi che gli è stata attribuita.

Dott.ssa Emanuela Barbarito

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