La Sindrome Laterale Amiotrofica (SLA)

La Sindrome Laterale Amiotrofica (SLA)

La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una delle patologie neurodegenerative che colpisce il motoneurone. L’insorgenza di tale patologia si osserva in età adulta, verso i cinquant’anni di età. Il meccanismo eziopatologico consiste nella degenerazione dei motoneuroni inferiori, dei motoneuroni superiori nel quinto strato della corteccia cerebrale e delle corna anteriori del midollo spinale. Sono documentate in letteratura scientifica forme familiari (5-10%), di cui il 20% circa presenta mutazione dell’enzima Superossido Dismutasi 1 (SOD1). La SLA include segni di disfunzione del primo e del secondo motoneurone che causano ipereflessia osteo-tendinea e spasticità muscolare con fascicolazioni muscolari e ipostenia. Tali sintomi hanno un andamento neurodegenerativo fino a condurre il paziente alla morte. Si aggiungono forme a prevalente coinvolgimento bulbare, le quali presentano precocemente disfagia, disartria e difficoltà respiratorie che peggiorano la prognosi e l’ingravescenza della sindrome. 

Le nuove frontiere della ricerca sulla SLA 

Le evidenze cliniche supportate dalla maggiore frequenza della co-esistenza nello stesso soggetto patologico di SLA e neurodegenerazione fronto-temporale (FTD), hanno portato a classificare la SLA non più come malattia originaria e pura del sistema motorio, ma come una sindrome a spettro misto, in quanto sono stati identificati profili neuropsicologici differenti, in pazienti che ne sono affetti. I criteri diagnostici di Strong et al. (2009) identificano quattro profili diagnostici:

  • SLA senza disturbi cognitivi;
  • SLA con deficit cognitivo, la quale deve essere documentata attraverso apposita valutazione neuropsicologica che individui prestazioni clinicamente inferiori alla norma in almeno due test di funzioni esecutive, cognizione sociale o del linguaggio;
  • SLA con disturbi comportamentali, la quale si presenta con apatia associata o meno ad altri disturbi comportamentali;
  • SLA in associazione a FTD o demenza di tipo Alzheimer o vascolare, la quale deve soddisfare appieno i criteri diagnostici per i quadri clinici coinvolti. 

Questa scoperta scientifica ha costituito un importante avanzamento, in quanto nonostante la SLA sia una malattia nota da oltre un secolo, è sempre e solo stata associata a pura sofferenza motoneuronale a cui non si associava alcun segno di alterazione cognitiva. Anzi, la presenza di deficit cognitivi rappresentava un criterio di esclusione per porre diagnosi di SLA. Gli studi hanno mostrato come nella SLA la degenerazione neuronale non è ascrivibile solo ai circuiti dei motoneuroni, ma coinvolge anche i lobi frontali e temporali, dando origine a quadri clinici completamente differenti. Da tali evidenze è sorta la necessità di rivedere i criteri diagnostici precedentemente pubblicati da Strong et al. (2009) e gli strumenti neuropsicologici utilizzati per coadiuvare la diagnosi. Questi ultimi dovrebbero tenere conto dei bias che possono essere causati dalla presenza delle difficoltà motorie tipiche della SLA. Non si tratterebbe solo di pura ricerca finalizzata all’incremento della conoscenza sulla malattia quanto più di sollecitare anche delle riflessioni etiche circa l’approccio con i pazienti affetti da SLA, soprattutto nelle fasi più avanzate della malattia, nei pazienti che presentano il quadro misto cognitivo-comportamentale e motorio. 

I nuovi criteri diagnostici pubblicati da Strong et al. (2017)

A fronte delle constatazioni di cui sopra, è stata organizzata nel 2015 una conferenza finalizzata alla revisione dei criteri diagnostici proposti da Strong nel 2009. I nuovi criteri si snodano su tre assi. L’asse I si concentra su una diagnosi basata sugli esami di rilevazione genetica. Va detto, tuttavia, che la presenza di un gene associato alla malattia non implica che la malattia si presenti. L’asse II analizza i deficit neuropsicologici associati alla malattia e, questi sono:

  • Disfunzione esecutiva e deficit di social cognition: questo deficit può essere osservato attraverso la somministrazione dei test di accesso verbale semantico e fonemico, in cui viene chiesto al paziente di rievocare delle parole che iniziano con una lettera specificata o appartenenti ad una data categoria. La fluenza fonemica sembra essere maggiormente sensibile per il deficit esecutivo presente nella SLA. Questo test richiede l’implemento di diversi processi cognitivi come la motivazione ad iniziare il compito, l’identificazione di una strategia funzionale, la flessibilità cognitiva, l’attenzione sostenuta e l’inibizione delle risposte automatiche e, quindi, non solo la capacità di linguaggio pura. I pazienti affetti da SLA hanno delle performance più basse rispetto ai controlli sani se sottoposti a questo test. Questi risultati sono dovuti anche alla difficoltà motoria che impedisce o ostacola i pazienti con SLA nell’articolazione e produzione della parola. La presenza di deficit esecutivi è stata dimostrata anche attraverso la somministrazione di test che valutano il ragionamento, l’attenzione alternata, il monitoraggio e la flessibilità cognitiva. I pazienti affetti da SLA commettevano più errori, perseveravano nell’implemento di regole precedenti non più funzionali allo svolgimento del compito e non riuscivano ad apprendere nuove strategie maggiormente adattive. Sono stati osservati anche deficit di memoria di lavoro, di attenzione divisa e di velocità di processazione delle informazioni. I deficit di cognizione sociale mostrati dai pazienti affetti da SLA, sebbene ad oggi non è chiaro se dipendano dal deficit esecutivo o se costituiscano un dominio compromesso indipendente, si manifestano attraverso difficoltà nell’elaborazione emotiva, nel riconoscimento delle emozioni (soprattutto quelle negative), nell’espressività emotiva facciale e nella teoria della mente;
  • Deficit di linguaggio: circa il 35-40% dei pazienti con diagnosi di SLA in assenza di demenza può presentare disturbi del linguaggio non compatibili con i deficit delle funzioni motorie. I disturbi linguistici più tipicamente evidenziati hanno a che fare con la denominazione di oggetti di uso comune, nell’elaborazione sintattica (soprattutto di frasi) e di produzione di parole. Le persone affette da SLA commettono molti più errori grammaticali e morfologici dei controlli sani. Un altro aspetto fondamentale del deficit di linguaggio nei pazienti con diagnosi di SLA consiste nella componente pragmatica e, quindi, non verbale del linguaggio;
  • Memoria: la presenza di deterioramento indipendente della memoria non è tipico della Sclerosi Laterale Amiotrofica. Tuttavia, possono essere riscontrati disturbi della codifica, di rievocazione immediata e differita e di riconoscimento (sebbene sul coinvolgimento di quest’ultima funzione non tutti gli studi sembrano concordare). La compromissione della memoria nei pazienti affetti da SLA può essere problematica soprattutto per gli anziani. In generale, è opportuno effettuare un’ampia valutazione che consideri le diverse componenti della memoria e tutti i processi cognitivi;
  • Cambiamenti comportamentali e sintomi neuropsichiatrici: il 70% dei pazienti con diagnosi di SLA presenta apatia e, in generale, più si aggrava l’apatia, peggiore è la prognosi della malattia. Altri sintomi frontali caratteristici della SLA possono essere i repentini cambiamenti nel comportamento, disinibizione, perdita di simpatia, comportamento egocentrico, perseverazioni, comportamento stereotipato e cambiamenti bruschi delle abitudini alimentari. È importante per la valutazione dei sintomi comportamentali e neuropsichiatrici considerare i fattori strettamente legati alla degenerazione muscolare, la disabilità fisica e le conseguenze psicologiche e della sfera dell’umore dovute alla presenza della malattia in sé. Un accurato colloquio con i caregiver è essenziale, soprattutto quando il paziente non presenta consapevolezza di malattia, in quanto permette di definire la personalità premorbosa del paziente e, quindi, di evidenziare se i cambiamenti nel comportamento sono nuovi, concomitanti all’esordio della malattia e se causano un disagio clinicamente significativo, incidendo, dunque, sulla qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari.

L’asse III analizza la presenza di ulteriori manifestazioni di malattie non motorie, come i segni extrapiramidali quali tremore, rigidità muscolare e bradicinesia.

Conclusioni

Le evidenze cliniche hanno gettato luce sulla variabilità fenotipica della SLA, non più inquadrata esclusivamente come patologia neurodegenerativa motoria, ma anche associata a sindromi neurologiche più vaste che includono la presenza di segni cognitivi, comportamentali e psichiatrici. È fondamentale ampliare gli studi in questa direzione, perché una maggiore chiarificazione delle manifestazioni cliniche della SLA può permettere l’identificazione di trattamenti che possono essere maggiormente adatti ai pazienti. 

Dott.ssa Jessica Pisani

Bibliografia 

  • Cappa S. F. (2019). I criteri diagnostici delle demenze: il ruolo della neuropsicologia. In Denes, G. et al., Manuale di neuropsicologia- normalità e patologia dei processi cognitivi terza edizione (pp. 903-913);
  • Strong, M. J., Abrahams, S., Goldstein, L. H., Woolley, S., Mclaughlin, P., Snowden, J., Mioshi, E., Roberts-South, A., Benatar, M., HortobáGyi, T., Rosenfeld, J., Silani, V., Ince, P. G., & Turner, M. R. (2017). Amyotrophic lateral sclerosis – frontotemporal spectrum disorder (ALS-FTSD): Revised diagnostic criteria. Amyotrophic lateral sclerosis & frontotemporal degeneration18(3-4), 153–174. https://doi.org/10.1080/21678421.2016.1267768;
  • Alberti, P., Fermi, S., Tremolizzo, L., Ferrarese, C., Appollonio, I. (2009). Sclerosi laterale amiotrofica e demenza: associazione insolita o continuum. PSICOGERIATRIA.

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