Il trauma dei genitori viene geneticamente trasmesso ai figli

Il trauma dei genitori viene geneticamente trasmesso ai figli

L’epigenetica

Facciamo un dolce: lo impastiamo e prepariamo seguendo pedissequamente la ricetta, sistemiamo in teglia ed inforniamo. Nostra cognata fa lo stesso, identico, dolce seguendo la medesima ricetta. Uno dei due risulterà comunque più buono dell’altro. Vi è mai accaduto?

Il motivo sotteso a questo frequente fenomeno risiede nella molteplicità di fattori che concorrono allo scopo, ad esempio le variazioni di temperatura del forno, la temperatura dell’ambiente in cui viene preparato il composto, la dinamica con cui viene mescolato ecc.

Gli scienziati hanno scoperto, negli anni ’90, che anche per i nostri geni vale lo stesso, ovvero ciò che producono i nostri geni non dipende solo da fattori scritti direttamente nel nostro codice genetico, ma è influenzato da una molteplicità di variabili quasi sempre ambientali, tra cui anche gli eventi traumatici.

Si trattò di una scoperta illuminante per l’epoca quanto all’apparenza assurda; perciò, gli scienziati si dedicarono massicciamente alla ricerca per approfondire la questione. Nacque, così, l’epigenetica, una branca della genetica che studia, appunto, come i geni si esprimono e perché.

Le scoperte sul trauma

Gli studi sull’epigenetica hanno rilevato come il trauma abbia un impatto significativo sui geni di chi lo subisce, come se lasciasse un segno su di essi. Non si tratta di una mutazione genetica ma di un’alterazione del meccanismo attraverso cui il gene si esprime, ovvero un’alterazione epigenetica. 

Per un approfondimento sul concetto di trauma vi invito a leggere qui. 

L’idea che il trauma non restasse un episodio negativo isolato ma avesse effetti duraturi nel tempo fu introdotta già a metà degli anni ‘80 (J.Mason, E.Giller e T.Kosten), a seguito di studi effettuati sui veterani del Vietnam. I ricercatori notarono come, anche a distanza di molto tempo, i sopravvissuti riportavano alti livelli di adrenalina e bassi livello di cortisolo. Dagli anni ’80, infatti, il DSM III (Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali) introdusse il Disturbo da Stress Post Traumatico.

Il ruolo del cortisolo

Il cortisolo è uno degli ormoni che entrano in circolo come risposta allo stress e serve per prepararci all’attacco a fronte di una minaccia (aumenta grassi e glicemia nel sangue, per darci l’energia per far fronte ad una minaccia importante, ad esempio per attaccare o per fuggire).

La scienza ci ha insegnato, tuttavia, che alti livelli di ormoni legati allo stress, sostenuti a lungo, danneggiano il corpo: indeboliscono il sistema immunitario ed aumentano la suscettibilità ad ipertensione ed altre malattie (A.Munck, 1984). Nel momento in cui ci si imbatte in un trauma acuto, tuttavia, con finalità protettiva per il corpo ed il cervello, il livello degli ormoni dello stress diminuisce. Questo farebbe sì che il “livello soglia” di cortisolo si abbassi, con effetto duraturo nel tempo.

È stato osservato, infatti, che soggetti che avevano subìto traumi da bambini riportavano un livello di cortisolo più basso rispetto a soggetti che non avevano avuto esperienze particolarmente avverse. Quando gli stessi soggetti vivevano un nuovo trauma, tuttavia, i loro sistemi di stress erano già sensibilizzati ed i livelli di cortisolo diminuiti, aumentando quindi la risposta adrenalinica, con conseguente impatto sulle aree cerebrali legate alla memoria: così si instaurava il disturbo da stress post traumatico (Yehuda, 2022). 

Livelli bassi di cortisolo, dunque, sono segno di traumi pregressi e sono associati a loro volta ad una maggiore vulnerabilità al Disturbo da Stress Post Traumatico. 

Di generazione in generazione

La scoperta più interessante riguarda le molteplici evidenze scientifiche che dimostrano come il trauma dei genitori possa alterare il modo in cui i geni vengono trasmessi ai figli.

Pericolo fiori di ciliegio

Nel 2014 due studiosi della Emory University School of Medicine, Brian Dias e Kerry Ressler, hanno posto, in laboratorio, un topo maschio accanto ad un fiore di ciliegio. Nel momento in cui il topo annusava il fiore, riceveva una scossa elettrica delicata. Da quel momento, come intuibile, il topo non si è più avvicinato al fiore di ciliegio e sono stati notati contestuali cambiamenti a livello cerebrale e nel suo sperma. Una volta riprodotto, curiosamente la sua prole, benchè mai sottoposta a scossa elettrica, aveva la stessa paura dei fiori di ciliegio e cambiamenti epigenetici a livello cerebrale e nello sperma. Questi effetti sono stati osservati per due generazioni a seguire. In parole semplici, il nonno ha appreso che i fiori di ciliegio sono pericolosi e questa informazione è stata trasmessa per via epigenetica a figlio e nipote. 

Gli studi sugli esseri umani

Nonostante le intuibili difficoltà legate allo studio degli esseri umani in campo epigenetico, si è riusciti a studiare la trasmissione epigenetica del trauma anche tra umani.

Uno studio effettuato a Cleveland nel 2015 dalla dottoressa Yehuda si è focalizzato sui sopravvissuti all’Olocausto e sui loro figli. La metà dei primi avevano sviluppato un PTSD e riportavano bassi livelli di cortisolo nel sangue, i secondi avevano anch’essi bassi livelli di cortisolo ed una maggiore suscettibilità a PTSD, disturbi d’ansia e disturbi dell’umore.

La stessa scienziata aveva in precedenza esaminato, altresì, le donne  newyorkesi che durante l’attentato dell’11 settembre erano in attesa e si trovavano nelle vicinanze delle torri, in particolare coloro che stavano attraversando l’ultimo trimestre di gestazione. Queste donne avevano sviluppato un PTSD ed avevano bassi livelli di cortisolo nel sangue: appena nati, la saliva dei loro figli mostrava ugualmente bassi livelli dello stesso ormone. 

Quelli elencati costituiscono solo una piccola parte delle ricerche effettuate nel campo. 

Questioni aperte

Gli scienziati si interrogano sul senso di queste alterazioni epigenetiche riflesse nella prole dei genitori che hanno subìto un trauma: semplici indicatori di vulnerabilità o meccanismo attraverso cui il genitore “prepara” il figlio ad affrontare sfide simili a quelle da lui incontrate? È altrettanto vero, tuttavia, che con il mutare delle circostanze i benefici eventualmente conferiti dalle alterazioni epigenetiche possono diminuire o persino portare all’emergere di nuove vulnerabilità. 


Siamo condannati dalla genetica?

Ci si è chiesti e ci si chiede, a questo punto, se la trasmissione intergenerazionale del trauma per via epigenetica sia una sorta di condanna inevitabile che un genitore passi al proprio figlio. 

Diversi anni fa, sempre la dottoressa Yehuda ha scoperto che per i soldati affetti da PTSD che avevano seguito una psicoterapia ed erano guariti, si era verificato anche un contestuale cambiamento a livello epigenetico. I topi di Dias e Ressler furono “curati” ricondizionandoli e persero la paura dei fiori di ciliegio: la prole concepita in seguito non ebbe l’alterazione epigenetica relativa a quella paura, né manifestò la paura stessa relativa a quel fiore. 

Come già accennato, il filone di ricerca nel campo è in pieno sviluppo, ma questi studi preliminari di certo alimentano la speranza che la trasmissione epigenetica abbia un ruolo evolutivo e protettivo, in breve, positivo. Gli esseri umani, inoltre, essendo creature altamente adattabili, possono invertire gli effetti deleteri del trauma. Effettuare e portare a compimento un percorso di psicoterapia, quindi, apporta benefici anche a livello genetico, non solo a sé stessi ma anche ai propri figli e nipoti.

Dott.ssa Giannalisa Colasuonno

Bibliografia

Yehuda, R. “Trauma in the Family Tree” in Scientific American Magazine Vol. 327 No.1 (July 2022), p.10.

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