Sport e bambini: ecco perché è così importante

Sport e bambini: ecco perché è così importante

Il gioco e il movimento sono un mezzo fondamentale di sviluppo non solo motorio, ma anche cognitivo, affettivo e sociale che concorre alla formazione della personalità del bambino. La pratica sportiva contiene al suo interno una grande quantità di elementi importanti per lo sviluppo di un bambino:

  • sfidare se stessi, l’ambiente, l’altro
  • scoprire e migliorare le proprie qualità
  • misurarsi con i propri limiti, superarli o accettarli
  • imparare a vincere senza sentirsi imbattibili e a perdere senza sentirsi falliti
  • divertirsi
  • rispettare l’altro e le regole

Lo sviluppo psicomotorio

Lo sport aiuta ad acquisire capacità motorie (es. coordinazione) e va anche ad agire sullo sviluppo del cervello, grazie alla maggior irrorazione di sangue che richiede. Il corpo, inoltre, nel processo di crescita del bambino rappresenta il primo mezzo con cui conosce sé stesso e l’ambiente. Lo sport, quindi, viene a rappresentare un’occasione importante di conoscenza e sperimentazione, fondamentale all’interno del processo di costruzione della propria identità.

Lo strumento educativo

Lo sport insegna al bambino a rispettare le regole, impegnarsi, portare a termine un compito, portare avanti un impegno, rispettare sé stesso e l’altro.

Lo sviluppo emotivo

Lo sport mette quotidianamente e gradualmente in contatto il bambino con svariate emozioni, come ad esempio l’agitazione che si prova prima di una gara, la paura di non riuscire a far bene, la gioia per la vittoria o la delusione e la rabbia per la sconfitta. La pratica sportiva gli permette di sperimentare una moltitudine di emozioni e di farci i conti quotidianamente: a volte deve provare a gestirle da solo, spesso ha il sostegno e il modello di istruttori e compagni, in generale imparare che le emozioni non si possono evitare.

La socializzazione

Lo sport rappresenta ad oggi uno dei principali contesti di socializzazione. Attraverso di esso, infatti, si conoscono nuovi compagni, si gioca e ci si diverte insieme, imparando a stare con l’altro, a relazionarsi ad esso, a condividere degli obiettivi ma allo stesso tempo a mediare e gestire i momenti di conflitto.

Lo sport è una palestra di vita

Nel cervello sono archiviati numerosi schemi mentali adatti per affrontare le diverse situazioni che ci troviamo a vivere: se abbiamo e usiamo schemi adeguati, riusciamo ad essere in sintonia con l’ambiente; diversamente nascono difficoltà e malesseri. Dallo sport possiamo per esempio acquisire lo schema mentale di gestione di un conflitto: non uso l’aggressività, non mi ritiro in un angolino, ma affronto la situazione con le risorse che ho.

I bambini imparano molto anche dal rapportarsi con adulti diversi dai loro genitori: acquisiscono modelli, schemi mentali e punti di vista differenti e vari.

Quale sport scegliere?

Attraverso la scelta dello sport da praticare, un bambino si pone per la prima volta di fronte all’opportunità di sperimentare quale immagine desidera dare di se stesso nella realtà in cui vive.

Come aiutarlo in questa scelta?

  • lasciare margine di scelta ai bambini (all’interno di una gamma di scelta legata alla realtà territoriale in cui si vive);
  • tener conto delle preferenze, condividendo e confrontandosi (poniamoci in maniera interessata e curiosa rispetto a cosa muove le preferenze di nostro figlio);
  • accettare anche se il bambino vuole praticare uno sport che non ci piace o che non reputiamo adatto alle sue qualità;
  • considerare anche la possibilità, a fine anno, di cambiare sport.

Come affiancarli nel modo migliore?

  • Incoraggiare: è importante che il bambino venga incoraggiato e stimolato, sostenuto in questa scoperta, ma non sovrainvestito, altrimenti il rischio è quello di caricarlo di troppe aspettative. Spesso, infatti, anche bambini molto piccoli si trovano a sperimentare una vera e propria ansia da prestazione. 
  • Non rimproverare: di fronte ad un risultato non proprio eccezionale, può scappare un rimprovero o una battuta non troppo piacevole verso il bimbo. E’ buona abitudine, però, stare attenti a ciò che si dice, perché anche una frase che può sembrare superficiale rischia di far rimanere male: commentiamo la partita in generale, la squadra, ma non il bambino in sé come persona.
  • Non minimizzare: è importante non minimizzare le sue emozioni, ma accoglierle e condividerle, aiutando a trovare le strategie migliori per esprimerle e trasformarle in motore di crescita.
  • Niente confronti: spesso si pensa, erroneamente, che i confronti possano stimolare i bambini a migliorare. In realtà, quasi mai funziona così. Anzi, i confronti possono rivelarsi pericolosi perché inficiano l’autostima dei bimbi, portandoli a sperimentare sentimenti di frustrazione e inadeguatezza.

Frustrazione, competizione e ansia

  • Lascia che sperimenti una sana e normale frustrazione. La frustrazione è semplicemente la mancata gratificazione di un desiderio o l’impedimento alla soddisfazione di un bisogno. In generale (se non eccessiva e continuativa) assume un ruolo positivo nella crescita e nello sviluppo di un bambino, perché lo espone alla necessità di reagire alle avversità.
  • Lascia che venga stimolato dalla competizione, ma non porgliela come principale obiettivo dell’attività sportiva.
  • Se si manifestasse ansia da prestazione, è importante mettersi nei panni del bambino e farsi raccontare come vive attraverso i suoi occhi quello che sta succedendo: solo così possiamo aiutarlo nel modo corretto, mantenendoci in equilibrio tra una sana rassicurazione (io sono qui) e una leggera spinta (provaci, so che ce la puoi fare).

Sia i genitori che si apprestano ad accompagnare il figlio nel magico mondo dello sport, sia gli allenatori e gli educatori che si occupano di far appassionare i bambini all’attività fisica, devono essere consapevoli dell’importanza che lo sport ha sullo sviluppo cognitivo, emotivo e socio relazionale di un bambino. Per questo motivo può essere utile consultarsi con uno specialista dell’età evolutiva, in caso di situazioni di fatica del singolo bambino o per gestire meglio a livello di gruppo e di squadra alcune dinamiche relazionali che si possono verificare.

Dott.ssa Laura Grigis

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